Type de texte | source |
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Titre | Historia naturale di C. Plinio Secondo nuovamente tradotta di latino in vulgare toscano per Antonio Brucioli |
Auteurs | Pline l’Ancien Brucioli, Antonio |
Date de rédaction | |
Date de publication originale | 1548 |
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, p. 998
Antiphilo è lodato per uno fanciullo, che soffia nel fuoco, e per la casa, che per quello risplende, anchora per altro bella, e per la bocca di esso fanciullo.
, p. 994
Et Callice fece cose piccole. Et Calace nelle tavole comice. L’una, et l’altra cosa Antiphilo. Perche dipinse Hesiona nobile, et Alexandro, e Philippo con Minerva, che sono nella scuola, ne portici di Ottavia, et in Philippi, Bacco, et Alexandro fanciullo, Hippolyto spaventato pel toro, che gli veniva incontro. Et in Pompeia Caduto, et Europen. Il medesimo, con giocoso nome, dipinse Gryllo di ridiculo habito. Onde questo genere di pittura si chiama Gryllo. Esso nato in Egytto, imparo da Ctesidemo.
, p. 991
Dipinse anchora Alexandro magno, che teneva un fulmine, nel tempio di Diana Ephesia per venti talenti d’oro. Et apaiono i diti rilevati, et il fulmine essere fuori della tavola. Ma quegli che leggono, si ricordino tutte quelle cose essere state fatte di quattro colori. Et il prezzo di quella tavola, che fu moneta d’oro à misura, e non à numero.
, p. 991
Dipinse anchora la imagine di Antigono re cieco di uno occhio, e per occultare i defetti la fece obliqua, accioche quello, che mancava al corpo, paressi che piu tosto mancasse alla pittura, e solamente dimostro quella parte della faccia, laquale tutta poteva mostrare.
, p. 992
Et le sue inventioni giovorno ancora agli altri nell’arte. Una sua inventione, nessuno potette mai imitare, che le opere sue quando erano finite impiastrava con si sottile atramento, che anchora a questo stesso, col ripercotimento degli occhi, eccitassi le clarita, e custodissi dalla polvere, e dalle sporchezze, e finalmente apparisse à quello che dapresso guardava. Ma, e con gran ragione, accioche la clarita degli occhi non offendesse la vista, essendo come se si guardasse da lungi per pietre trasparenti, e la medesima cosa occultamente dava austerita à colori troppo floridi.
, p. 991-992
Et è un cavallo suo, ò fu, dipinto in certame, il quale giudicio prevocò dagli huomini alle mute bestie. Perche sentendo che per forza di favore i suoi emuli prevalevano dimostro le pitture di tutti à cavagli la condotti. Et solamente anitrirno al cavallo di Apelle. Et dipoi si è mostrato sempre questo esperimento di quella arte.
, p. 991
Nel tempo che seguitò Alexandro non fu molto in gratia di Ptolomeo, il quale regnando in Alexandria, essendovi spinto per forza di tempesta, da Plano regio, subornato per fraude degli emuli, invitato venne alla cena del re. Et sdegnandosi Ptolemeo, e dimostrandogli quegli che havieno l’uficio di chiamare, accioche dicesse da chi di loro fusse stato invitato, preso un carbone, spento dal fuoco, disegno nel muro la imagine dello invitatore. Conoscendo subito il re il volto di Plano, da quel principiato.
, p. 992
I piu sapienti dell’arte antepongono à tutte l’opere sue il medesimo re sedente sopra il cavallo. Diana mescolata nel choro delle vergini sacrificanti, per lequali appare havere vinto i versi di Homero, che descrive questo medesimo.
, p. 990
Et fu in esso piacevolezza, per laquale era grato à Alessandro Magno, e spesso andava nella sua stanza, perche come habbiamo detto, vieto di essere dipinto da alcuno altro. Ma, e nella sua stanza disputando Alexandro imperitamente molte cose della pittura, piacevolmente gli diceva, che tacesse, che i giovani che pestavono i colori si ridevano di lui. Et tanta fu l’autorita che haveva Apelle nel re, altrimenti iracundo.
, p. 990
Benche Alexandro gli fece honore con famosissimo esemplo. Perche havendo una delle sue cuncubine grandemente da lui amata, per nome Campaspen, la mostro nuda à Apelle, perche la dipignesse, per la ammiratione della forma, et accorgendosi che quello era preso di pari amore, gliela dette in dono, magno di animo, maggiore dello imperio suo, ne minore per questo fatto che per alcuna vittoria. Perche vinse se stesso, ne dette solamente il letto suo, ma anchora l’affetto allo artefice, ne fu mosso dal respetto della donna amata, laquale hora fusse di uno Re, et hora di uno dipintore. Sono alcuni che pensano, che dipignesse Venere anadyomene allo esemplo di costei.
, p. 990
Il medesimo havendo finite le opere, le poneva in luogo, che chiunque passava le vedeva, e stando occulto dietro alla tavola, ascoltava i defetti che erano notati, dicendo che il vulgo era piu diligente giudice che esso, e dicano essere stato ripreso, da uno calzolaio, che nelle pianelle haveva fatto manco una fibia. Il medesimo l’altro giorno, superbo per la emendatione del giorno avanti, cominciò à riprendere intorno alle gambe, onde sdegnato, lo risguardo dicendo, uno calzolaio non dovere giudicare piu su che la pianella, ilche anchora venne in prutebio (sic).
, p. 989-990
E da notare che cosa accade fra Protogene, e lui. Quello viveva a Rhodi, dove navico Apelle avido di conoscere le opere sue, essendogli cognito solamente per fama, e subito ne ando alla sua stanza. Et esso non vi era, ma una tavola di gran grandezza in quel luogo adattata alla pittura, et una vecchia che la guardava. Et questa disse che Protogene era fuore, e domando chi fusse che lo domandasse. Questo (disse Apelle) e preso uno pennello fece una linea per quella tavola di estrema suttilita. Ritornato Protogene, la vecchia gli disse quelle cose che erano accadute. Dicano che subito l’artefice disse, havendo contemplata la sottilita, esservi venuto Apelle, perche non poteva cadere in altro tanto assoluta opera. Et esso allhora di uno altro colore tiro in essa linea un’ altra piu sottile, e partendosi, comandò alla vecchia, che se quel tale ritornava, gli dimostrasse, e dicesse questo essere quello che cercava. Et cosi avvenne, perche ritornò Apelle, e vergognandosi di essere vinto, con uno terzo colore, seco pel mezo le linee, non lasciando piu luogo alla sottilita. Et Protogene confessandosi di essere vinto, ne ando al porto, cercando questo hospite. Et piacquegli di dare quella tavola cosi à posteri, con ammiratione di tutti, e massimamente di simili artefici. Et questa arse nel primo incendio della casa di Cesare nel palattio, havendola noi avanti avidamente veduta, di grande spacio, e niente altro conteneva, che linee, lequali apena si potieno discernere, fra le egregie opere di molti simile al vano, e per questo stesso allettante, e più nobile di ogni opera.
, p. 989
Ma Apelle superò dipoi tutti quegli che nacquono prima, e che dipoi sono per nascere. Et nella Olympiade .112. Proccede tanto avanti nella pittura, che piu cosa trovo quasi lui solo, che tutti gli altri, e truovansi anchora libri, che contengono quella dottrina. Et fu precipua venusta la sua nell’arte, avvegna che nella medesima età fussino grandissimi dipintori, l’opere dequali grandemente ammirava, e tutti laudava. Ma disse manchare loro quella una venusta, laquale i Greci chiamono charita, e che tutte le altre cose havieno, ma che in questa nessuno era pari à se solo.
, p. 991
Sono fra le sue opere imagini di huomini che muoiono. Et quali sieno le più nobili non é facile à dire.
, p. 989
Apropriossi anchora una altra gloria, perche guardando ansiamente una opera di Protognene, di grandissima maestria, e cura, disse tutte le cose essergli equali con esso, ò migliori, che lui, ma che d’una cosa lo avanzava, che Protogene non sapeva levare le mani della tavola, con memorabile esemplo, che spesso nuoce la troppa diligentia.
, p. 985
Per laquale contemplatione di tanti colori, di tanta varieta, mi maraviglio della antiquita. Con quattro colori soli feciono quelle immortali opere De bianchi usavono il melino, de silacei, l’attico, de rossi la sinopide pontica, de neri l’atramento, Apelle, Echion, Melantion, Nicomaco, clarissimi dipintori, avvegna che le loro tavole valessino le ricchezze di una citta, et hora se bene si usano le purpure ne muri, e l’India ci manda la belletta, de suoi fiumi, et il sangue de dragoni, e degli elephanti, nondimeno non si fa alcuna pittura nobile. Allhora adunque si facevano tutte le cose migliori, quando fu minore la copia. Così è perche (come habbiamo detto disopra) la cura nostra è intenta alle ricchezze, e non alla virtu dell’animo.
, p. 991
Dipinse anchora Alexandro magno, che teneva un fulmine, nel tempio di Diana Ephesia per venti talenti d’oro. Et apaiono i diti rilevati, et il fulmine essere fuori della tavola. Ma quegli che leggono, si ricordino tutte queste cose essere state fatte di quattro colori. Et il prezzo di quella tavola, che fu moneta d’oro à misura, e non à numero.
, p. 991
Il divo Augusto dedicò nel tempio del padre Cesare, Venere che usciva del mare, laquale si chiama Anadyomene, con versi greci di tale opera, mentre che é laudata, vinta, ma illustrata. La parte inferiore dellaquale gia corrotta non si potette trovare che rifacesse. Ma essa ingiuria venne in gloria dello artefice. Invecchio questa tavola rosa da tarli, e in luogo di quella Nerone nel suo principato ne pose una altra di mano di Dorotheo.
, p. 991
Apelle haveva cominciato un’altra Venere à quegli di Coo, laquale harebbe superata anchora quella sua prima. La morte ne hebbe invidia havendone finita una parte. Ne si è trovato chi succedesse all’opera, secondo i prescritti lineamenti.
, p. XXXX
Ma io non mi pento, non havere investigato alcuno più festivo titolo. Et accioche non paia che io perseguiti in tutto i Greci, io vorrei essere inteso da que componitori del dipingere, e del formare, iquali troverrai ne sui libri, opere absolute, e quelle anchora che non ci satiamo di riguardare, e haverle descritte con prudente titolo. Come faceva Apelle ò Policleto, come sempre con arte cominciata, e imperfetta, accioche restasse contro alla varieta de giudicij, allo artefice, refugio, allo scusarlo, come che esso harebbe emendato, tutto quello che si desiderasse, senon fusse morto. Per ilche è quella cosa piena di uerecundia, che tutte le opere in modo intitolorno, come se ciascuna fusse stata l’ultima, e come se ciascuna, per morte non avessino potuto finire. Tre opere solamente, et non più fece, come io penso, lequali si inscrivano, come finite, le quali monstrerro ne suoi luoghi, per ilche apparve essere piaciuta allo autore la somma sicurta della arte, e per questo furno tutte esse in grande invidia.
, p. 992
Et dipinse uno amalato, che senza fine è lodato. Nellaquale arte valse tanto, che il Re Attalo si dice havere comperato cento talenti una sua tavola.
, p. 985
Ma che diremo ? Ilche è tenuto come chiaro, che la tavola di Bularchi dipintore, nella quale era la battaglia de Magneti, fu comprata da Canduele Re di Lydia, ultimo, degli Heraclidi, e il quale fu chiamato Myrsilo, per altro tanto oro che la pesava. Tanta era già la riputatione della pittura.
, p. 1000
Dibutade Sicyonio vasellaio, fu il primo che trovò tale arte in Corintho per le opere della figliuola, laquale presa dallo amore di uno giovane, ilquale dovendo andare in pellegrinaggio, circunscrisse l’ombra della faccia sua alla lucerna nel muro con le linee, per lequali il padre suo, imprimendovi la terra fece la forma. Et dipoi seccata con gli altri vasi la messe à cuocere al fuoco. Et questa dicano, che fu conservata in Nympheo, infino a che Mummio rovino Corintho.
, p. 994
All’incontro, Dionysio niente altro dipinse che huomini, e per questo fu cognominato Anthropo Grapho.
, p. 999
E dipinsono donne. Timarete figliola di Nicione Diana in tavola che è in Epheso di antiquissima pittura. Irene, figliola di Cratino dipintore, e discepola, una fanciulla che è in Eleusine, Calypso un vecchio, e Theodoro prestigiatore. Alcistene, uno salvatore. Aristarete figliola, et discepola di Nearco, Esculapio. Lala Cyzicena, che fu sempre vergine nella gioventu di M. Varrone, dipinse a Roma col pennello. E col cestro in avorio, massimamente imagini di donne, e il napolitano in gran tavola, e la sua imagine allo specchio. Ne fu mano di alcuno piu veloce nella pittura, e tanto di arte, che vinse col prezzo delle sue pitture i celebratissimi della medesima arte, Sopylon, e Dionysio, le tavole de quali empiono le pinacothece. Dipinse ancora una certa Olympia, dellaquale questo solo si memora essere stato suo discepolo Autobolo.
, p. 994-995
[…] non dando anchora Ludio l’eta del divo Augusto, il quale primo institui l’amenissima pittura delle mura, ville, et portici, et opere topiarie, selve, boschi, colli, piscine, acquidotti, fiumi, liti, quali alcuno potessi desiderare, et varie speci di huomini, che vanno quivi, ò navicanti. Et che per terra andassino alle ville, con asinelli, ó carri. Et pescatori, et uccellatori, et cacciatori, et vendemiatori. Et sono ne suoi esemplari nobili ville, allequali si va per paludi, et su per colli donne che sdrucciolano, et paurose sono portate, et oltre cio assai altre tali argutie, et facetissimi tratti. Et il medesimo institui di pingere allo scoperto, citta marittime, di piacevolissimo aspetto, e poca spesa. Ma nessuna gloria hanno gli artefici, senon quegli che hanno dipinte tavole, et tanto piu venerabile appare l’antiquita.
, p. 998
Nealce dipinse Venere, ingegnoso, e diligente nell’arte. Et perche dipinse la battaglia navale degli Egytii, e de Persi, voleva che si intendessi essersi fatta nel nilo, l’acqua delquale è simile al mare, e dichiaro con argumento, cioche non poteva con la arte. Perche dipinse uno asinello, e uno crocodilo che gli faceva infidia.
, p. 980
Ne giuochi di Claudio Pulcro hebbe la scena grande ammirattione di pitture, avvegna che i corbi, ingannati dalla imagine volassino alla similitudine de tegoli.
, p. 979
De principii della pittura è incerta la questione, E non apartiene al nostro proposito. Gli Egyttii affermano essersi trovata appresso di loro sei mila anni, avanti che passasse in Grecia, predicando il falso come è manifesto. Et i Greci dicano essersi ritrovata in Sicyone, altri apresso de Corinthi. Et tutti affermano essersi trovata dall’ombra dall’huomo circunscritta da linee. Et così essere stata tale la prima. La seconda di particulari colori, e detta monochromaton, poiche fu trovata piu operosa, e dura tale anchora hora. Dicano essersi trovate quelle delle linee, da Philocle Egyttio, ó Cleante Corinthio. I primi che la esercitassino, furno Ardice Corinthio, e Telephane Sicyonio anchora senza alcuno colore, e nondimeno spargenti le linee dentro. Et percio è nostro intendimento descrivere quali dipingessino. Il primo che trovasse il dare loro il colore, con uno vaso pesto (come dicano) fu Cleophanto Corinthio.
, p. 989
Et per la autorità di costui, si fece primieramente in Sicyone, e dipoi in tutta Grecia, che i fanciugli nobili, avanti à tutte le cose imparassino dia graphicen, cioè la pittura, e che questa arte fusse ricevuta nel primo grado delle liberali. Et fu sempre honorata, in modo che i nobili la esercitavano, dipoi gli honorati, con perpetuo interdetto che non si insegnasse à servi. Et percio, ne in questa, ne nella Toreutice si celebrano opere di alcuno, che fusse servo.
, p. 987-988
Et confessandolo gli artefici acquisto la palma nelle linee estreme. Et questa è nella pittura somma sottilita. Perche dipingiere i corpi, et i medii delle cose, è certo di gran maestria, ma molti ci hanno acquistato gloria. Ma fare le estremita de corpi, e rinchiudere il modo della perfetta pittura, si trova di raro nel successo dell’arte. Perche essa estremita debbe circundare se stessa, e cosi finire, in modo che prometta altre cose doppo di se, e dimostri anchora quelle che occulta. Et questa gloria gli concederno Antigono, e Xenocrate, che scrissono della pittura non solamente contrassandolo, ma predicandolo. Et molte vestigie restono anchora del suo stile da disegnare, in sue tavole, e carte caverette, dallequali dicano che profittano gli artefici. Nondimeno appare minore comparato a se stesso nello esprimere i medi corpi.
, p. 988
Sono ancora due sue pitture nobilissime, gli Hoplitidi, e l’uno che nel certame in modo corre, che pare che sudi, e l’altro che depone l’arme, in modo che si senta che egli ansi.
, p. 988
Fecondo artefice, ma nessuno fu che piu insolentamente, e arrogantemente usassi la gloria della arte, perche prese i cognomi, chiamandosi Abrodieto, e con altre parole, principe dell’arte, e quella ha hauto la perfettione da esso. Et sopratutte le cose diceva di essere nato della stirpe di Apoline, e Hercule che è in Lyndo, essere stato dipinto tale quale spesso l’haveva veduto in sogno. Adunque fu vinto in Samo da Timanto con gran favore del popolo in Aiace, nel giudicio delle armi. Et diceva che molestamente sopportava, per nome di quel barone, che di nuovo fusse stato vinto da uno indegno. Dipinse anchora in minori tavolette, le libidini, perche si recreava con tale specie di pitture, e di giuoco.
, p. 988
Et dipinse il demon degli Atheniensi, anchora con argumento ingenioso, perche voleva dimostrarlo vario, iracundo, ingiusto, inconstante, il medesimo placabile, clemente, misericordioso, eccelso, glorioso, humile, feroce, e fugace, e tutte le cose parimente dimostrare.
, p. 996
Et anchora Pausia fece grande tavole, come la imolatione de buoi, che si vede ne portici di Pompeio. Per che primo trovò quella pittura, laquale dipoi hanno imitato molti, e nessuno la pareggio. Avanti à tutte le cose, volendo dimostrare la longitudine del bue, lo dipinse in scorcio, e non per traverso, onde e abondevolmente si intende la amplitudine. Dipoi avvegna che tutti imbianchischino quelle cose che vogliono apparire eminenti, e condiscano il colore col nero, costui fece uno bue tutto nero, et adombro il corpo, e con grande arte dimostro che le pitture in piano debbiano stare spiccate, et in rotto, tutte solide.
, p. 996
Amò nella sua gioventu Glycere sua cittadina inventrice di ghirlande, e certando con la sua imitatione, condusse quell’arte alla numerosissima varietà di fiori, ultimamente la dipinse à sedere con una ghirlanda, laquale tavola, delle nobilissime sue, è chiamata Stephano Plocos, da altri Stephano poli, perche Glycera vendendo ghirlande, sostentava la povertà. L’esemplare di questa tavola, ilquale chiamono apographon, comperò L. Lucullo due talenti da Dyonisio in Athene.
, p. 996
Dipigneva picciole tavole, e massimamente fanciugli. I suoi emuli interpretavono, che facesse questo, perche quella era tarda ragione di pittura. Per il che volendo acquistare fama nell’arte, e nella prestezza, fini in uno di una tavola, che è stata chiamata Hemeresios, havendovi dipinto un fanciullo.
, p. 994
Perche è ragionevol cosa descrivere doppo questi i piu celebrati nel pennello della minore pittura, dequali fu Pyreico nella arte da posporsi à pochi. Et non so se di industria destrusse se stesso. Perche seguitando cose humili, nondimeno acquisto gran gloria della humilta. Dipinse botteghe di barbieri, e di calzolai, et asinegli, e vinande, e simili cose, e per questo fu cognominato Rhyparographo, in queste cose di perfetto piacere. Perche quelle piu si sono vendute che le grandissime di molti.
, p. 993
Per questo Ialyso, accioche, Demetrio Re non ardesse la tavola, avvegna che da quella sola parte potesse pigliare Rhodi, non seguitò avanti, e perdonando alla pittura, fuggi l’occasione della vittoria. Era allhora Protogene vicino alle mura nel suo horto, cioè nel campo di Demetrio. Ne noiato dalle battaglie, intermesse la cominciata opera, ma chiamato dal Re, e domandato, con quale fiducia stesse fuori de muri, rispose che sapeva, che esso faceva guerra co Rodii, non con le arti. Adunque il Re gli fece stare gente alla guardia, rallegrandosi che potesse salvare le mani, alle quali gia haveva perdonato. Et accioche non lo revocassi dall’opera spesso veniva à lui, e lasciati i desiderii della sua vittoria, fra le armi, e percosse de muri, stava a guardare l’artefice. Et questa fama di quel tempo seguita la tavola, che Protogene la dipinse sotto la spada. Questo è un satyro, il quale chiamono Anapauomenon, et accioche non manchi cosa alcuna alla sicurta di quel tempo, tiene i zufoli.
, p. 993
La palma delle sue tavole ha Ialyso, il quale è à Roma, dedicato nel tempio della pace, ilquale quando lo dipingeva, si dice essere vivuto di lupini stati nell’acqua, perché insieme sostenessino la fama, e la sete, accioché non ingrossasse i sensi per la troppa dolcezza. A questa pittura, insussidio della ingiuria, e della antiquita, sopra pose quattro volte i colori, accioché cadendo il superiore, succedesse lo inferiore. E in essa un cane maravigliosamente fatto, ilquale parimente dipinse il caso, e l’arte. Non giudicava di potere esprimere in esso la schiuma di chi ansa, avvenga che in ogni altra parte (ilche è difficilissima cosa) havesse satisfatto à se stesso. Et dispiaceva gli essa arte, ne sene poteva partire, e parevagli partirsi troppo discosto dalla verità, e quella schiuma, che si dipingeva, non nascesse dalla bocca, ansio di animo, volendo che nella pittura fusse il vero, non il verisimile, haveva spesso nettato, il pennello, e mutato, e per nessuno modo si piaceva. Ultimamente adirato con la arte, dette di quella spugna, con laquale nettava i pennegli, in quella parte della pittura che gli dispiaceva, e quella vi pose, que nettati colori, come desiderava la cura. Et così la fortuna fece nella pittura il naturale. Con questo esemplo, e simile successo, si dice, Nealce haverlo seguitato nella schiuma di uno cavallo, con una spungia, con laquale vidette dentro, quando dipigenva Popizonte, che riteneva il cavallo. Et così Protogene mostro il cane, e la fortuna.
, p. 992
Et insieme, come si è detto, fiori Protogene, la patria sua era Cauno, laquale era suggettata à Rhodi. Da principio fu grande la sua poverta, e somma diligentia nell’arte, e per questo minore guadagno. Et chi gli insegnasse non pensano che si sappia. Et certi pensano, che infino a cinquanta anni depingesse navi, e dicano che questo ne è segno, che dipinse in Athene il Propyleon al tempio di Minerva, in luogo celebratissimo dove fece il nobile Paralo, e Hemionida, laquale certi chiamono Nausica, et aggiunse picciole nave lunge in queste, lequali i dipintori chiamono Parerga, accioche appaia da quali principii, venissino l’opere sue al sommo della grandezza.
Et questa fama di quel tempo seguita la tavola, che Protogene la dipinse sotto la spada. Questo è un satyro, il quale chiamono Anapauomenon, et accioché non manchi cosa alcuna alla sicurtà di quel tempo, tiene i zufoli.
, p. 999
E anchora rara cosa, et degna di memoria, vedere le supreme opere degli artefici, et tavole imperfette, come, Irin di Aristide, le tindaride di Nicomacho, Medea di Timomaco, e la Venere di Apelle, laquale habbiamo detto esser in maggiore ammiratione, che le cose perfette, perche in queste si veggono gli altri lineamenti, et esse cogitationi di artefici, et nel lenocinio della commendatione è il dolore. Et desideranssi le morte mani, come quando facevano questo.
, p. 988
Et Timantho fu di grande ingegno, perche è sua quella Iphigenia, tanto celebrata dalle laudi degli oratori, laquale stava avanti all’altare per essere sacrificata. Et havendo dipinti tutti i circumstanti mesti, e massimamente il zio, et havendo finite tutte le imagini della mestitia, coperse il volto del suo padre, ilquale non poteva dimostrare degnamente. Sono anchora altri esempli del suo ingegno, come in picciola tavoletta un Ciclope, che dorme, e delquale volendo cosi esprimere la sua grandezza, dipinse à presso di esso Satyri che misuravono il dito grosso suo co thirsi. Et in tutte le sue opere si intende sempre più di quello che dipingie. Et benché l’arte sia somma, nondimeno lo ingegno è di là dall’arte.
, p. 997
Timomacho Byzantio, al tempo di Cesare dittatore gli dipinse Aiace, e Medea posti da esso nel tempio di Venere genitrice, venduti ottocento talenti. Et M. Varrone dice, che uno talento Attico vale XVI.
, p. 987
Et fece Penelope, nellaquale pare havere dipinti i costumi, et uno Athleta, e in modo si piacque in esso, che vi sotto scrisse quel verso famoso di esso, che più facilmente poteva alcuno haverne invidia, che imitarlo.
, p. 987
Dicesi, che costui contese nel dipignere con Zeusi, et havendo quello portate uve dipinte, tanto simili, che nelle scene gli uccegli vi volavono sopra. Et esso vi produsse un lenzuolo dipinto, che in modo rapresentava il proprie, che Zeusi gonfiato pel giudicio degli uccegli, finalemente domandasse, che levato il lenzuolo, mostrasse la pittura, e conosciuto l’errore, gli concede la palma, con ingenua vergogna, perché esso haveva ingannati gli uccegli, e Parrasio se artefice. Dicesi che dipoi Zeusi dipinse un fanciullo, che portava uve, sopra lequali volando uno uccello, con il medesimo sdegno si adirò con la opera sua, et disse. Io ho dipinto meglio le uve che il fanciullo, perche se anchora questo havessi recato à perfettione, gli uccegli l’harieno temuto.
, p. 987
altrimenti tanto diligente, che havendo à fare una tavola agli Agrigentini, laquale publicamente dedicassino nel tempio di Iunone Lacinia, risguardassi le loro vergini nude, e ne elesse cinque, accioché quello che in ciascuna fusse laudatissimo, potesse esprimere nelle pitture.
, p. 987
Et acquisto tante ricchezze, che à ostentatione di quelle, in Olympia con lettere d’oro, pose il nome suo ne quadri de vestimenti. Dipoi institui donare l’opere sue, perche diceva non si potere vendere per alcuno degno prezzo, come Alcmena agli Agrigentini, Pana à Archelao.
, p. 997
Questa non volse vendere à Atalo Re per sessanta talenti, e più tosto la donò alla sua patria abondando di ricchezze.
, p. 992
Equale à lui fu Aristide Thebano. Questo primo di tutti dipinse l’animo, et espresse tutti i sensi, iquali chiamono i greci Ethe. Et le perturbationi, alquanto più duro ne colori. La pittura di costui, è un picciol fanciullo che si appicca alla poppa della madre che muore, per le ferite, essendo presa la citta, e vedesi che la madre sente, e teme, che il fanciullo, essendo morto il latte, non succi sangue, laquale tavola Alexandro Magno haveva trasferita in Pelle sua patria.